Aggregatore Risorse

Il ri-uso del software nella PA: un approccio efficace

Il ri-uso del software nella PA: un approccio efficace

27/dic/2017

Non solo risparmio: incentivato dall’Agid, il riuso del software offre vantaggi di efficacia e manutenibilità per tutto l’impianto informatico della PA

Riutilizzare per razionalizzare le spese, per fare tesoro dell’esistente e ottimizzare tempi e risorse della Pubblica Amministrazione. Sono questi gli scopi del riuso del software, il “riutilizzo” e “adattamento” gratuito dei programmi informatici della PA: un indirizzo operativo che l’Agid, Agenzia per l’Italia Digitale, ha previsto e promosso nel piano Triennale 2017-2019, documento centrale nella strategia di innovazione della Pubblica Amministrazione italiana. In attuazione di quanto già stabilito dal Codice dell’Amministrazione Digitale, il riuso del software, diffuso anche grazie all’attività del Centro di Competenza (che “supporta le amministrazioni fornendo consulenza e strumenti di ausilio all’applicazione della normativa vigente in tale ambito”), è nato da un preciso indirizzo normativo: quello della Legge di Stabilità del 2016, che vede nel dimezzamento della spesa pubblica in ambito IT uno degli obiettivi strategici della PA italiana.

Anche in un campo estremamente specializzato e tecnico come quello dell’informatica dello Stato, si fa dunque strada la prassi di partire da programmi già esistenti e funzionanti, adattandoli alle esigenze emergenti e riscrivendo solo le parti di codice informatico necessarie ai nuovi contesti operativi. I benefici di questo approccio sono molteplici e di varia natura. Non c’è solo il risparmio: alla base di questa prassi c’è ad esempio l’idea della continuità e valorizzazione degli asset immateriali della PA: grazie a questa strategia è infatti possibile riscrivere solo la parte di codice informatico necessaria alla nuova funzionalità, e non tutto il programma. Una tecnologia già esistente, quindi, viene riadattata e trasformata solo in minima parte e diventa fattore comune all’interno del network della PA: così l’ente che ha bisogno di un software in buona parte già esistente non deve riscriverlo da zero. Del resto, sono essenzialmente soltanto due le caratteristiche richieste al software per renderne possibile il riuso. La prima è la modularità del programma, ovvero la sua scomponibilità in più parti. La seconda è la sicurezza: qualora il software da riutilizzare appartenga a terze parti, è indispensabile che ne sia riconosciuta l’affidabilità e che ad essere utilizzata sia la sua ultima versione (non a caso, è l’Agid stessa a prevedere un preciso catalogo nazionale dei software riutilizzabili).

Cloudify NoiPA nasce in questo contesto strategico. Nel piano triennale dell’Agid, l’adozione del programma è infatti considerata d’obbligo per le pubbliche amministrazioni, e pertanto il riuso stesso fa parte tanto della mission di Cloudify quanto del suo stesso DNA. L’orizzonte strategico del programma è impostare servizi informatici riusabili dalle amministrazioni.  Come detto, a spingere in questa direzione non è infatti solo la razionalizzazione della spesa ma anche l’innesco dell’interoperabilità tra le varie amministrazioni che utilizzeranno Cloudify, nonché la genesi di un’omogeneità complessiva delle procedure informatiche adottate. In più, si può parlare di vera e propria condivisione degli investimenti: se il software è utilizzato da più amministrazioni, i costi di gestione possono essere ripartiti tra più enti e soggetti pubblici. Cloudify vuol essere dunque un volano di crescita per il riuso del software nella PA, offrendo un esempio di quanto può essere realizzato quando un software informatico nasce per essere riusabile, condiviso da un network, aperto ad eventuali estensioni e aggiornamenti. 

Un’impostazione strategica e operativa che risponde concretamente a una delle grandi questione aperte dell’innovazione digitale nella Pubblica Amministrazione italiana. In una ricerca pubblicata circa cinque mesi fa, l’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano puntava infatti il dito contro la scarsa diffusione del riuso del software negli uffici pubblici del nostro Paese. “Del 31% di enti che hanno sviluppato soluzioni informatiche” rilevava l’indagine “solo il 17% dice di averle messe a disposizione di altri enti secondo la modalità del riuso; il 64%, invece, non considera il riuso come possibilità soprattutto a causa degli oneri legati al trasferimento delle buone pratiche, della specificità delle soluzioni e della difficoltà a collaborare”. Laddove invece si è in presenza di una “Community orientata allo sviluppo di buone pratiche”, ci sono ampi benefici: “questo garantisce una regia dell'azione innovativa” sottolineava Laura Vergani, Codirettore dell'Osservatorio eGovernment, “si evitano duplicazioni di sforzi e investimenti, si rende omogenea l’offerta di servizi pubblici, si accresce il know-how. Consapevoli delle criticità”, continua Vergani “gli enti locali chiedono maggiore supporto agli enti sovraordinati: innanzitutto in termini di finanziamento (62% delle risposte), ma anche di formazione (56%) e assistenza nella progettazione (49%)”. La piattaforma Cloudify NoiPA ha l’obiettivo di provare a rispondere anche a queste domande di maggiore networking, condivisione di competenze tecniche, sinergia strategica.